sabato 7 gennaio 2012

essere accolto dentro di noi


Il Libro del Signore
Il Vangelo è il libro della vita del Signore. E' fatto per diventare il libro della nostra vita.
Non è fatto per essere compreso, ma per accostarvisi come a una soglia di mistero.
Non è fatto per essere letto, ma per essere accolto dentro di noi.
Ciascuna delle sue parole è spirito e vita. Agili e libere, esse non attendono altro che l'avidità della nostra
anima per fondersi con lei. Vive, sono esse stesse come il lievito iniziale che intaccherà la nostra pasta e la
farà fermentare in uno stile di vita nuovo.
Le parole dei libri umani si comprendono e si soppesano.
Le parole del Vangelo sono subìte e sopportate.
Noi assimiliamo le parole dei libri.
Le parole del Vangelo ci plasmano, ci modificano, in un certo senso ci assimilano a sé.
Le parole del Vangelo sono miracolose. Non ci trasformano, perché noi non chiediamo loro di trasformarci.
Ma in ogni frase di Gesù, in ciascuno dei suoi esempi permane la virtù folgorante che guariva, purificava,
risuscitava. A condizione di stare di fronte a lui come il paralitico o il centurione; di agire immediatamente in
piena obbedienza.
Nel Vangelo di Gesù ci sono brani quasi del tutto misteriosi. Non sappiamo come farli passare nella nostra
vita. Ma ve ne sono altri impietosamente limpidi. Una fedeltà candida a ciò che comprendiamo ci condurrà a
comprendere quanto resta misterioso.
Se siamo chiamati a semplificare ciò che ci sembra complicato, non siamo invece mai chiamati a complicare
ciò che è semplice.
Quando Gesù ci dice: « Non richiedere ciò che hai dato in prestito », oppure « Si, sì; no, no: tutto il resto
viene dal Maligno», ci è chiesto solo di obbedire... e non saranno i ragionamenti ad aiutarci in questo.
Ci aiuterà invece il portare, il « conservare » in noi, al caldo della nostra fede e della nostra speranza, la
parola cui vogliamo obbedire. Tra questa e la nostra volontà si stabilirà come un patto di vita.
Quando teniamo il Vangelo tra le mani, dovremmo pensare che vi abita il Verbo che vuol farsi carne in noi,
impossessarsi di noi, perché con il suo cuore innestato sul nostro, con il suo spirito inserito nel nostro spirito,
noi ricominciamo la sua vita in un altro luogo, in un altro tempo, in un'altra società umana.
Approfondire il Vangelo cosi, significa rinunciare alla nostra vita per ricevere un destino che ha per unica
forma il Cristo.
                         
     Madeleine Delbrêl, Nota inedita, scritta verso l'anno 1946 (La gioia di credere, 31-32).

venerdì 6 gennaio 2012

I Magi, ci racconta il Vangelo, “per un’altra strada fecero ritorno”


Cammineranno le genti, mentre la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli”. In questa festa dell’Epifania il profeta Isaia resta colpito da movimento di popoli in cerca della luce e della pace. Così anche la tradizionale Marcia della Pace realizzata a Brescia la notte di fine anno, ci ha messo in cammino con tutti i costruttori di pace.
Ma su quale via scegliamo di camminare? Forse quella di Erode, fatta di violenza e sopruso? O piuttosto quella dei Magi e di chiunque, singoli e popoli, discerne le opere di pace per garantire il futuro di tutti.
I Magi, ci racconta il Vangelo, “per un’altra strada fecero ritorno”. Anche per noi vale l’invito a intraprendere una strada diversa orientando ogni scelta alla via esigente e necessaria della pace. Per questo esigiamo un ripensamento di queste spese militari con un serio dibattito in Parlamento .
I popoli che camminano nella tenebra di questa follia chiedono di cancellare questo progetto e ciò è ancora più necessario in un tempo di crisi che è già molto pesante soprattutto per le famiglie e per i più poveri e che non sembra invece toccare i grandi investimenti per le armi.
Chi incontra Gesù a Betlemme non può più camminare sulle strade di Erode, il violento re della strage degli innocenti. Dai Magi impariamo a  scegliere, anche a rischiare. Quando si incontra il Cristo nel volto di tanti fratelli e sorelle non si può familiarizzare con progetti di violenza. Neppure in chiave di pseudo-sicurezza internazionale.
Per questo nostro mondo che “ha bisogno della pace come e più del pane” (Papa Benedetto XVI, 1 gennaio 2012), ci sono richieste le scelte più alte perché “Quando tanti popoli hanno fame, ogni estenuante corsa agli armamenti diviene uno scandalo intollerabile. Noi abbiamo il dovere di denunciarlo. Vogliano i responsabili ascoltarci prima che sia troppo tardi”. (Paolo VI, 1967 Populorum Progressio n.53)
Giovanni Giudici, vescovo presidente di Pax Christi Italia


come dice Don Tonino Bello, noi crediamo che: 
“Chi spera cammina: non fugge. 
Si incarna nella storia, non si aliena. 
Costruisce il futuro, non lo attende soltanto. 
Ha la grinta del lottatore, non la rassegnazione di chi disarma. 
Cambia la storia, non la subisce. 
Ricerca la solidarietà con gli altri viandanti, non la gloria del navigatore solitario.”

giovedì 5 gennaio 2012

Che cosa c'è per te dietro la parola "buon" anno?


Prendo da un appunto ( http://www.sullasoglia.it/articoli-casati/gennaio-2011.htm) di Don Angelo Casati. Le sue parole sono sempre attuali e pregnanti perchè hanno nutrimento dalla Parola. Siccome non so scrivere come Lui, ne leggiamo insieme la parte centrale.

Oggi, che l'anno si è srotolato già di qualche giorno, mi succede di fermarmi a pensare. Chi più, chi meno, forse tutti, sulla soglia dell'anno nuovo abbiamo augurato alla nostra casa, alla casa dei nostri amici, alla casa delle chiesa, alla casa del nostro paese, alla grande casa della terra un anno "buono". Sarebbe estremamente importante che da quelle parole di augurio ci sentissimo impegnati, così come sarebbe bello che sempre sentissimo la responsabilità della parole che diciamo e dunque responsabili anche di quell'augurio, e dunque chiamati oggi a fare tutto quello che è nelle nostre mani perché l'anno sia buono, perché il degrado sia allontanato, perché quanto nelle parole abbiamo evocato come bello almeno in parte, per la nostra parte, si realizzi.
E' il desiderio che ho trovato nella parole di Mario Luzi, :Vorrei arrivare al varco
con pochi essenziali bagagli,
liberato da molti inutili,
inerziali pesi e zavorre
di cui l'epoca tragica e fatua
ci ha sovraccaricato, noi uomini.
E vorrei passare questa soglia
sostenuto da poche,
sostanziali acquisizioni
di scienza e di pensiero
e dalle immagini irrevocabili
per intensità e bellezza
che sono rimaste
come retaggio.
Occorre, credo, una liberazione,
una specie di rogo purificatorio
del vaniloquio
cui ci siamo abbandonati
e del quale ci siamo compiaciuti.
Il bulbo della speranza
che ora è occultato sotto il suolo
ingombro di macerie
non muoia,
in attesa di fiorire
alla prima primavera.


"Sostenuto" scrive Mario Luzi "dalle immagini irrevocabili per intensità e bellezza che sono rimaste come retaggio". Non tutte le immagini hanno il dono atteso e provvidenziale di sostenerci. Altre hanno il potere funereo di deprimerci. Mi sono chiesto se a piegare e intristire i volti, a farli vuoti di accensioni non sia anche lo scorrere insistente di parole e di immagini di degrado nei nostri occhi. Quasi assistessimo a un diluvio di distruzione e azzeramento. Anche per questo mi ritrovo sempre più a inseguire per sete d'anima le rare immagini irrevocabili per intensità e bellezza che ci sono rimaste come retaggio. Vanno disseppellite. Con tutta la nostra passione disseppellite, qualora per disavventura le immagini del degrado le avessero soffocate o costrette all'angolo o persino costrette all'esilio.
Mesi fa, mi suonò come nuovo, nella versione che ne dava, un biblista, Don Gianantonio Borgonovo, un versetto del rotolo di Isaia. "Ascoltatemi, ascoltatemi …" è scritto. E dunque un invito ripetuto, pressante, urgente: "Ascoltatemi, ascoltatemi, mangiate la bellezza" (Is 52,2)
Mi fermai come sorpreso alla lettura. Mi sentivo nascere dal di dentro una domanda: "Di che cosa ci nutriamo? Di che cosa nutriamo anima e pensieri?". Mi interrogavo: "Stiamo mangiando bellezza? Stiamo mangiando bellezza o stiamo mangiando parole che sono scialo di squallore, di disgusto, di degrado, di egoismi, di intolleranza, di miopie dello spirito, di insensatezza del vivere?". Le parole degradate ci fanno degradati, le parole della bellezza ci fanno donne e uomini della bellezza, della bellezza del vivere e della bellezza della terra.
Ma nel silenzio dei pensieri e delle preghiere, sentivo anche bussare alla porta dell'anno due altre immagini, quasi fossero sorelle della bellezza, non potevano mancare, chiedevano accoglienza, due immagini che hanno trovato profumo di ospitalità non solo nelle pagine dei libri cosiddetti sacri, ma anche in pagine di libri chiamati, forse solo per insipienza, profani, non sacri: le immagini del vento e del fuoco...

Sulla soglia dell'anno ci auguriamo bellezza, vento e fuoco. Ce li auguriamo, e dunque ci impegniamo. Perché delle parole che diciamo ci sentiamo responsabili. Davanti a Dio cui le affidiamo e davanti alle donne e agli uomini con cui camminiamo.
"Su di noi sia la bellezza del nostro Dio
conferma per noi il lavoro della nostre mani
porta a termine ogni nostro lavoro" (Sal 90,17).

mercoledì 4 gennaio 2012

aiutami ad alzarmi ogni volta che cadrò

Ricevo da Silvia questa bellissima preghiera di  Rabindranath Tagore che condivido e sussurro con tutti quanti vorranno, perchè entra nel solco della vita portando pace al cuore.

Dammi il supremo coraggio dell'Amore,
questa è la mia preghiera,
coraggio di parlare,
di agire, di soffrire,
di lasciare tutte le cose,
o di essere lasciato solo.
Temperami con incarichi rischiosi,
onorami con il dolore,
e aiutami ad alzarmi ogni volta che cadrò.
Dammi la suprema certezza nell'amore,
e dell'amore,
questa è la mia preghiera,
la certezza che appartiene alla vita nella morte,
alla vittoria nella sconfitta,
alla potenza nascosta nella più fragile bellezza,
a quella dignità nel dolore,
che accetta l'offesa,
ma disdegna di ripagarla con l'offesa.
Dammi la forza di amare
sempre
e ad ogni costo.
 Rabindranath Tagore

martedì 3 gennaio 2012

va’ al largo


La calma non deve essere immobilismo, ma punto di partenza per un passo più sicuro verso l'altrove.

Quando la tua barca,
da lungo tempo
ormeggiata nel porto,
ti sembra prendere
le sembianze di una casa;
quando la tua barca
comincia a mettere radici
nell’immobilità del molo,
va’ al largo!
È necessario salvare
a qualsiasi prezzo
lo spirito viaggiatore
della tua barca
e la tua anima di pellegrino.
Dom Hélder Câmara

lunedì 2 gennaio 2012

offrirsi umilmente come campo di battaglia


Mi sento come un piccolo 
campo di battaglia 
su cui si combattono 
i problemi 
del nostro tempo. 
L'unica cosa 
che si può fare 
è offrirsi umilmente 
come campo 
di battaglia.
Quei problemi devono 
pur trovare ospitalità 
da qualche parte, 
trovare un luogo in cui 
possano combattere 
e placarsi.
Etty Hillesum


“Voglio restare in questa tempesta e sentire 
tutti i brividi di questa grande commozione. 
Voglio avere autunno. Voglio coprirmi d’inverno e con nessun colore voglio tradire la 
mia presenza. Voglio essere sepolto dalla 
neve per amore di una primavera futura, 
affinchè ciò che germoglia in me non si levi 
troppo presto dai solchi…”.Rainer Maria Rilke

Che questo amore per “una primavera futura” possa aiutare tutti noi, giovani poeti della vita, a sopportare le aride stagioni, i giorni sbiaditi o violenti; e nel silenzio, tutto teso all’ascolto, prepararci al nostro orizzonte più lontano e puro.  M a r i a  Te r e s a  M a r r a   A b i g n e n t e


domenica 1 gennaio 2012

Ci stiamo rendendo conto quali sono le cose che contano

Per augurare Buon Anno prendo spunto dall'articolo di Beppe Severgnini... ...Se contassimo le copertine e i titoli che la stampa di lingua inglese ha dedicato, quest'anno, all'inevitabile collasso dell'euro, potremmo concludere che in Europa siamo tornati al baratto, o a scambiarci conchiglie. Non è andata così. L'Italia, l'Europa e il mondo sono arrivati alla fine di un altro anno impegnativo, ma non inutile. La sensazione è che - lentamente - stiamo capendo cosa è importante. È in atto un processo di semplificazione che non riguarda solo una moneta o l'economia; tocca la vita privata, la vita pubblica, il diritto e quasi tutte le industrie che conosciamo. Bisogna lavorare meglio, lavorare più a lungo, sprecare meno e non rubare: più che un programma, è diventato un obbligo, per l'Italia e non solo. Ci stiamo rendendo conto quali sono le cose che contano; e abbiamo meno pazienza per le cose e le persone che non contano. È il compiacimento che porta agli eccessi, alla superficialità e alla tolleranza dell'incompetenza: lo ha dimostrato, nel 2011, la politica italiana, ma il fenomeno è più diffuso. Tocca le aziende, le famiglie e le persone. «Back to basics»: tornare ai fondamentali è un esercizio che ogni società, periodicamente, deve compiere...
 Mi domando perchè dobbiamo sempre aspettare di toccare il fondo per deciderci di metterci sul giusto cammino. Ecco allora ci poniamo davanti cinque propositi o obiettivi o mete o sogni o impegni o per qualcuno anche follie suggeriti da Don Pappalardo http://www.donboscoland.it/articoli/articolo.php?id=128618 Ecco il primo: quando ci sarà il conto alla rovescia, penserò: Ciò che mi ha aiutato a crescere da piccolo è stata la meraviglia delle nuove scoperte, ciò che mi fa imparare da grande è la commozione dinanzi alla realtà, ciò che mi rasserenerà alla fine della vita sarà la gratitudine per quanto ho ricevuto. Il secondo è questo: quando ci sarà l’apertura dello spumante, penserò: Mi lascerò meravigliare da ciò che mi circonda, ancora una volta, almeno una volta, per un attimo, nella libertà, per gustare il vero sapore della realtà, con i piedi per terra e lo sguardo in cielo. Soltanto in quell’istante che sa di eternità, io sarò, saprò, vivrò, piangerò, gioirò, amerò. Il terzo, quando ci saranno i botti, è: Alza gli occhi al cielo, guarda al di là delle nuvole, cerca un bagliore che ti accechi, ti illumini, ti trafigga! Poi con stupore conservalo e con cura donalo. Il quarto lo penserò quando ci scambieremo gli auguri: Crescere è passare dall’emozione alla meraviglia, dalla meraviglia al desiderio, dal desiderio all’affezione, dall’affezione alla comunione, dalla comunione alla amore, dall’amore al dono...e infine non avere paura di ricominciare di nuovo come la prima volta, come ogni volta. Il quinto lo riserverò per il momento in cui per un attimo mi apparto, come ogni anno, per una breve preghiera di ringraziamento: Non lasciare scappare i tuoi sogni, non farteli strappare dalla banalità e dall’indifferenza, non abbandonarli per paura o stanchezza, non sotterrarli senza averci almeno provato, non tenerli solo per te ma parlane a chi vuoi bene, a chi può aiutarti e camminare con te. Non dimenticare che i sogni hanno le ali che si muovono col battito del cuore, con la spinta dell’intelligenza, con la leggerezza dell’umiltà, con la dinamicità degli affetti, con la prospettiva della speranza, con il coraggio delle idee, con la certezza della fede. Infine, quando sarò stanco, quando avrò sonno, quando sarò tornato a casa nella notte, pensando che tutto questo è da vivere, che è da vivere insieme agli altri, che è “qui e non ancora”, con un occhio chiuso e uno aperto penserò grato e sorridente: Desidero tutto questo fortemente, abbandonandomi dolcemente. Auguri di cuore!