sabato 25 ottobre 2014

ricevendo con piacere e soddisfazione ciò con cui Dio lo ha benedetto

Per attirare pienamente la provvidenza di Dio su di noi,
è necessario spezzare l’appetito per le ricchezze.
Questo risultato si ottiene attraverso la carità.
Quando qualcuno distribuisce il suo denaro in beneficenza,
si raffredda in lui la brama di accumulare.
Egli sbriga i suoi affari in modo veritiero e onesto
ed è soddisfatto con quanto la vita gli riserva,
ricevendo con piacere e soddisfazione ciò con cui Dio lo ha benedetto.
Dal momento che non si affanna a diventare ricco,
egli è libero dalla lotta costante di chi mira a sempre nuovi profitti.
 Il peso di questa lotta è il compimento della maledizione:
 “Con il sudore del tuo volto mangerai il pane” (Genesi 3, 19).
 Quando una persona dona del suo in carità, viene liberato da ciò,
ed il suo dono gli viene calcolato come se avesse portato un’offerta di incenso a Dio.
(Rabbi Nachman di Bretzlav, Likutey Moharan I, 13).

venerdì 24 ottobre 2014

incontrarlo dovunque che fa la nostra solitudine

A noi gente della strada sembra che la solitudine non sia l’assenza del mondo ma la presenza di Dio. È l’incontrarlo dovunque che fa la nostra solitudine.
Essere veramente soli è, per noi, partecipare alla solitudine di Dio.
Egli è così grande che non lascia posto a nessun altro, se non in lui.
Il mondo intero è come un faccia a faccia con lui dal quale non possiamo evadere.
Incontro della sua causalità viva dove le strade si intersecano accese di movimento.
Incontro con la sua orma sulla terra.
Incontro della sua Provvidenza nelle leggi scientifiche.
Incontro del Cristo in tutti questi “piccoli che sono suoi”:
quelli che soffrono nel corpo,
quelli che sono presi dal tedio,
quelli che si preoccupano,
quelli che mancano di qualcosa.
Incontro con il Cristo respinto, nel peccato dai mille volti.
Come avremmo cuore di deriderli o di odiarli,
questi infiniti peccatori ai quali passiamo accanto?
Solitudine di Dio nella carità fraterna:
il Cristo che serve il Cristo;
il Cristo in colui che serve,
il Cristo in colui che è servito.
L’apostolato come potrebbe essere per noi una dissipazione o uno strepito?
(Madeleine Delbrêl, Noi delle strade).

lunedì 2 giugno 2014

giungere a uno stato in cui il cervello trova spontaneamente le soluzioni più felici

CONTEMPLA: LA MENTE RINGRAZIERÀ
Un esercizio che si può fare in ogni momento della giornata e consente di giungere a uno stato in cui il cervello trova spontaneamente le soluzioni più felici.
Nel linguaggio comune il termine “meditazione” è inteso spesso in un senso mistico-religioso che rischia di portarci fuori strada. In realtà meditare è soprattutto un modo di rapportarsi alle cose e agli eventi, e le tecniche meditative sono strumenti per prepararci allo stato di vuoto che attiva al meglio la capacità rigeneratrice del cervello. Più ci addentriamo dentro questo stato d’animo, più percepiamo nitidamente quanto siamo spesso prigionieri delle nostre intenzioni, dei nostri scopi, degli obiettivi che abbiamo in mente. E soprattutto quanto la sofferenza o il disagio dipendano dal fatto che riempiamo la nostra vita di cose, pensieri e convinzioni inutili. È allora di fondamentale importanza per il nostro benessere cercare più volte al giorno uno spazio contemplativo, che ci consenta di ”fare il salto” dalla periferia al centro del nostro essere ed entrare in uno stato di consapevolezza rilassata, in cui possiamo essere testimoni di noi stessi. Riuscirci e farlo diventare un modo naturale di stare nel mondo non è difficile.
Ritrova la profondità dell’esistenza
Stai camminando verso la tua macchina, oppure sei in treno o in un negozio o dove vuoi. Per trasformare questa azione in uno momento contemplativo, ti basta farla con totale consapevolezza. Questo vuol dire non essere fagocitato dai pensieri sul dove andrai una volta salito in auto o su cosa comprerai da mangiare in negozio. Rimani presente nel tuo camminare e basta, consapevole delle persone che ti circondano, dei suoni, dei movimenti, dei colori e degli odori, senza che questo comporti alcun giudizio, con un atteggiamento come questo: "Così è l’istante che sto vivendo e non è né bene né male".
Diventa testimone di te stesso
Questo tipo di osservazione interiore “distesa”, man mano che diventa un abituale modo di essere, accorcia la distanza tra la mente "pesante", intasata di opinioni a senso unico, e la mente sottile, capace di trovare risposte impensabili in tempi rapidissimi. Hai un problema? Al posto di arrovellarti cerca il tuo spazio contemplativo. Stai soffrendo? Invece di torturarti o cercar conforto, sii attento testimone al tuo dolore. Impegnati a farlo, più volte che puoi. Ti sorprenderai di quanto osservarti in modo disteso ti farà “saltare” la tappa dei labirinti mentali di sempre per portarti nell’immediato soluzioni insospettabili.

Ti hanno detto che per essere felici 
devi cercare di migliorarti e cambiare, 
ma è uno sforzo sbagliato e inutile. 
Impara invece ad ascoltarti e lascia emergere il tuo talento unico. 
È la sola fonte di vera felicità, che ti salva da ansia e insicurezza.

Così ogni istante diventa il più importante
Puoi farlo sempre,
anche mentre fai le azioni più semplici, per esempio mentre stai leggendo un libro o cucinando.
Non devi nemmeno chiudere gli occhi:
fermati un istante e diventa consapevole del tuo respiro. Non ne stai modificando il ritmo, lo stai semplicemente osservando.
Così come non lo stai giudicando, non stai pensando ad esso:
sei solo testimone di te stesso nell’istante che vivi.
E così, dal nulla, rigeneri l’energia della vita dentro di te.

http://www.riza.it/psicologia/l-aiuto-pratico/3868/contempla-la-mente-ringraziera.html

domenica 1 giugno 2014

I giorni prendono peso se perdono senso. La pesantezza è cioè un effetto dell'insensatezza.


LA LEGGEREZZA, un carattere dello Spirito, di Marco Guzzi
Uno dei caratteri del nostro tempo è la stanchezza.
Siamo tutti un po' stanchi, affaticati, e oppressi.
La nostra stanchezza credo che derivi dalla pesantezza dei giorni,
da quel peso crescente che prendono i giorni quanto più perdono di senso.
I giorni prendono peso se perdono senso.
La pesantezza è cioè un effetto dell'insensatezza.
Per cui se vogliamo alleggerirci dovremmo
dedicare più tempo e le poche energie residue a lasciare cadere tutto ciò
che continua ad ingombrare la nostra mente e il nostro cuore col suo peso insensato.
Partendo magari dalle cose più semplici:
pensieri aggressivi o difensivi,
chiacchiere e pettegolezzi,
curiosità varie, etc.
La leggerezza è un carattere dello Spirito,
e chi impara ad alleggerirsi tutti i giorni impara
anche la levità della danza,
la grazia del danzatore, a tratti perfino felice.

sabato 31 maggio 2014

la consuetudine bellissima ed utilissima di cantare l'inno di Maria ogni giorno nella salmodia vespertina.


Dalle «Omelie» di san Beda il Venerabile, sacerdote
(Lib. 1, 4; CCL 122, 25-26, 30)
Maria magnifica il Signore che opera in lei

    «L'anima mia magnifica il Signore ed il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore» (Lc 1, 46). Con queste parole Maria per prima cosa proclama i doni speciali a lei concessi, poi enumera i benefici universali con i quali Dio non cessò di provvedere al genere umano per l'eternità.
    Magnifica il Signore l'anima di colui che volge a lode e gloria del Signore tutto ciò che passa nel suo mondo interiore, di colui che, osservando i precetti di Dio, dimostra di pensare sempre alla potenza della sua maestà.
    Esulta in Dio suo salvatore, lo spirito di colui che solo si diletta nel ricordo del suo creatore dal quale spera la salvezza eterna.
    Queste parole, che stanno bene sulle labbra di tutte le anime perfette, erano adatte soprattutto alla beata Madre di Dio. Per un privilegio unico essa ardeva d'amore spirituale per colui della cui concezione corporale ella si rallegrava. A buon diritto ella poté esultare più di tutti gli altri santi di gioia straordinaria in Gesù suo salvatore. Sapeva infatti che l'autore eterno della salvezza, sarebbe nato dalla sua carne, con una nascita temporale e in quanto unica e medesima persona, sarebbe stato nello stesso tempo suo figlio e suo Signore.
    «Cose grandi ha fatto a me l'onnipotente e santo è il suo nome».
    Niente dunque viene dai suoi meriti, dal momento che ella riferisce tutta la sua grandezza al dono di lui, il quale essendo essenzialmente potente e grande, è solito rendere forti e grandi i suoi fedeli da piccoli e deboli quali sono. Bene poi aggiunse: «E Santo è il suo nome», per avvertire gli ascoltatori, anzi per insegnare a tutti coloro ai quali sarebbero arrivate le sue parole ad aver fiducia nel suo nome e a invocarlo. Così essi pure avrebbero potuto godere della santità eterna e della vera salvezza, secondo il detto profetico: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato» (Gl 3, 5).
    Infatti è questo stesso il nome di cui sopra si dice: «Ed esultò il mio spirito in Dio, mio salvatore».
    Perciò nella santa Chiesa è invalsa la consuetudine bellissima ed utilissima di cantare l'inno di Maria ogni giorno nella salmodia vespertina. Così la memoria abituale dell'incarnazione del Signore accende di amore i fedeli, e la meditazione frequente degli esempi di sua Madre, li conferma saldamente nella virtù. Ed è parso bene che ciò avvenisse di sera, perché la nostra mente stanca e distratta in tante cose, con il sopraggiungere del tempo del riposo si concentrasse tutta in se medesima.

venerdì 30 maggio 2014

Quando la maternità di Maria viene estesa alla Chiesa, si esprime da una parte l'esperienza della maternità salvifica compiuta dalla comunità cristiana in riferimento ai nuovi figli di Dio, e dall'altra l'interpretazione che ne offriva il cammi­no storico di Maria, reso concreto nella sua presenza.


Maria, la Madre
Carlo Molari
Maria madre della Chiesa
La funzione di Maria, attraverso un nuovo rapporto con i discepoli di Gesù, si è prolungata oltre la morte del figlio: «Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio".
Poi disse al discepolo: "Ecco tua madre". E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa» (Gv 19,26-27). Quando la maternità di Maria viene estesa alla Chiesa, si esprime da una parte l'esperienza della maternità salvifica compiuta dalla comunità cristiana in riferimento ai nuovi figli di Dio, e dall'altra l'interpretazione che ne offriva il cammi­no storico di Maria, reso concreto nella sua presenza. In altre parole, parlando della maternità di Maria nei confronti della Chiesa, noi abbiamo come referente immediato l'esperienza di far crescere figli di Dio, che la comunità dei credenti fin dall'inizio ha compiuto e compie ancora nella storia, esperienza compresa alla luce della fede di Maria nel compiere la volontà di Dio, del suo amore nell'accompagnare Gesù come madre e del significato che la sua maternità ha avuto nella ri­flessione della comunità credente.

D'altra parte, Maria stessa era espressione di una co­munità di credenti, il piccolo resto di Israele, il gruppo dei poveri che ponevano in Dio la loro speranza. Il Magnificat, con cui la prima comunità cristiana riassu­me i tratti di questa spiritualità (Lc 1,46-55), come ap­paiono nella vita di Maria, traduce in modo esemplare l'esperienza dei primi cristiani, nella cui comunità Dio «operava grandi cose».

La pietà mariana utilizza prevalentemente formule traslate, che hanno una referenza sdoppiata: l'azione salvifica di Dio nella vita di Maria, tradotta nella sua funzione di Madre nei confronti di Gesù, e continuata attraverso la comunità ecclesiale lungo i secoli. L'uso delle formule mariologiche che non tenga conto di questo fatto corre il rischio di mitologia (interpreta­zione in senso proprio di formule traslate) ed è la ra­gione dello sviluppo abnorme di una certa mariologia cattolica degli ultimi due secoli.

Il referente delle formule relative alla funzione salvifica di Maria e quindi al rapporto Maria-Chiesa è l'e­sperienza salvifica della comunità credente. Se questa è carente, anche le espressioni della pietà mariana ne risentono. Esse infatti esprimono qualità o attuali azio­ni di Maria solo in quanto mediate dalla fede e dalla esperienza ecclesiale. La Chiesa infatti continua ora la funzione materna di Maria di far crescere i figli di Dio fino alla statura indicata dal Figlio di Maria, costituito per noi Messia e Signore (At 2,39), «iniziatore e con­sumatore della nostra fede» (Eb 12,2).

giovedì 29 maggio 2014

La funzione di Maria perciò non può essere espres­sa solamente con formule relative alla maternità fisi­ca, perché essa è stata possibile e si è sviluppata per una fedeltà di risposte senza ripensamenti e nell'ab­bandono senza riserve all'azione salvifica di Dio.


Maria, la Madre
Carlo Molari
Madre di Gesù Cristo
Il primo dato su cui riflettere riguarda la funzione di Maria nella crescita umana di Gesù e la scoperta che ne ha fatto la comunità dei fedeli nella sua esperienza dopo la Pentecoste. La crescita personale di Gesù, che Luca (Lc 2,52) riassume in una formula molto concisa ed efficace, è stata concretamente possibile in virtù del­l'amore che lo accompagnava e dell'energia vitale che gli comunicava chi gli stava accanto nella sua avventu­ra umana. Essere madre significa far crescere un figlio offrendogli ogni giorno forza di vita, ed esige che gli si insegni ad amare, a stabilire rapporti positivi con gli altri, a vincere le paure e ad affrontare le difficoltà del­la vita. Per Maria, a differenza di molte altre madri, questo compito materno si prolungò fino alla morte di Gesù, consegnandolo al suo destino di Unto del Si­gnore e insegnandogli quindi a morire. Comprendia­mo, perciò, perché Giovanni abbia posto Maria sotto la croce, come ultimo atto della sua maternità.

Ma non sarebbe sufficiente dire che Maria ha dato alla luce Gesù e lo ha fatto crescere come figlio fino al­la morte, avvolgendolo d'amore e insegnandogli a mo­rire, se non si coglie la dimensione teologale della sua missione. La fede di Maria, cioè l'atteggiamento nei confronti di Dio, che caratterizzava la sua esistenza, fa­ceva della sua azione materna un'espressione concre­ta della presenza di Dio nella storia umana. Per il suo ascolto silenzioso ed attento in Maria la Parola di Dio assumeva espressione nuova. In Lei giungeva a compi­mento il processo della rivelazione. Maria, come Ma­dre, ha insegnato a Gesù la fede nel Padre, gli ha in­dotto l'atteggiamento teologale, che caratterizza tutta la sua spiritualità, e lo ha reso rivelazione del Padre o icona di Dio. Gesù, infatti, ha rivelato Dio perché nel­la sua realtà umana è stato così perfetto da essere tra­duzione del progetto che Dio ha per l'uomo, così tra­sparente alla presenza di Dio da consentirne la piena manifestazione nella carne. Gesù non è un semidio o un essere metastorico; nella sua realtà umana non ha alcuna maggiorazione che lo faccia diverso da noi: è perfettamente ed esclusivamente uomo. Appunto per questo Gesù nella sua esistenza storica ha svelato i tratti essenziali dell'azione e della parola di Dio che salva­no, ed è stato costituito Messia e Signore (cf At 2,36). Giovanni esprime questa realtà con le espressioni che pone sulla bocca di Gesù: «Le parole che io vi dico non le dico da me stesso; il Padre, che dimora in me, fa le sue opere» (Gv 14,10) e «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30). La ragione di queste affermazioni sorprendenti stava nel fatto che le opere di Gesù erano trasparenza perfetta dell'azione divina e che le sue pa­role esprimevano senza residui la verità di Dio (cf Gv 2,49-50; 14,10). Il compimento della rivelazione di Dio si è realizzato sulla croce, che ha avuto come risvolto divino la risurrezione, dove Gesù è stato costituito Fi­glio di Dio in pienezza per opera dello Spirito. Sulla croce, infatti, Gesù è nato, come Messia e come Figlio di Dio, da Maria e dallo Spirito.

La funzione di Maria perciò non può essere espres­sa solamente con formule relative alla maternità fisi­ca, perché essa è stata possibile e si è sviluppata per una fedeltà di risposte senza ripensamenti e nell'ab­bandono senza riserve all'azione salvifica di Dio. La fe­de in Dio e il fiducioso compimento della sua volontà la rende madre, capace cioè di indurre fede nel figlio, di fargli percepire la realtà di Dio e di renderlo icona del suo amore.


mercoledì 28 maggio 2014

La maternità di Maria è il tratto fondamentale della sua persona e quindi deve essere riferimento fonda­mentale di ogni spiritualità mariana.

Maria, la Madre
Carlo Molari

La maternità di Maria è il tratto fondamentale della sua persona e
quindi deve essere riferimento fonda­mentale di ogni spiritualità mariana.
Vi sono ambiti di­versi della maternità di Maria,
che è opportuno distin­guere.
Quando diciamo che Maria «diede alla luce il suo figlio primogenito,
lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia» (Lc 2,7),
ci riferiamo alla mater­nità biologica o fisica,
ma anche alla funzione creatri­ce della sua fede.
Quando invece diciamo che Maria è madre di Dio e madre della chiesa,
ci poniamo in un piano diverso, usiamo il termine non in senso proprio
ma traslato, senso che ci obbliga a puntare gli occhi al­trove.
E precisamente verso due direzioni:
verso Gesù glorificato, costituito Figlio di Dio in pienezza,
per ope­ra dello Spirito nella risurrezione dai morti (Rm 1,4)
e verso la comunità cristiana,
che ha scoperto l'efficacia dell'azione salvifica di Dio nella storia di Maria
e il va­lore della sua fedeltà.

martedì 27 maggio 2014

Per questa sua posizione organica centrale ed essenziale, la chiamiamo volentieri cuore della Chiesa.


Lc 1,39-56
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente.

Maria è il simbolo più perfetto della Chiesa perché ne è prototipo e origine.
Ne è anche un organo particolarissimo:
l’organo da cui fu formato tutto il Corpo mistico,
anzi il Capo  stesso.
Per questa sua posizione organica centrale ed essenziale,
la chiamiamo volentieri cuore della Chiesa.
Le espressioni corpo, capo e cuore, sono certo delle immagini;
ma ciò che si ’intende esprimere è certamente una realtà.
Il capo e il cuore, infatti, svolgono, nel corpo umano, un compito d’eccezione:
tutti gli altri organi e membra da loro dipendono nel loro essere e nel loro agire,
e fra capo e cuore vi è una connessione specialissima.
Chiamare Maria nostra madre, non è una semplice immagine.
Maria è nostra madre in un senso reale ed eminente, in un senso, cioè,
che trascende la maternità terrena.
Ella ci ha generato alla vita della grazia,
quando ha donato tutta se stessa, tutto il suo essere, il suo corpo e la sua anima, alla maternità divina. E per questo che ci è tanto vicina.
Ci ama e ci conosce, si’impegna a fare di ciascuno di noi ciò che deve ’essere;
soprattutto a portare ciascuno di noi alla più intima unità col Signore.
Ma come la grazia non può compiere la propria azione nelle anime
se esse non le si aprono con tutta libertà,
così anche Maria non può realizzare in pieno la sua maternità,
se gli uomini non si abbandonano a Lei.
Le donne che desiderano adempiere la loro vocazione di donne,
nei diversi modi possibili,
raggiungeranno nel modo più sicuro il fine,
se terranno solo davanti agli occhi, in modo vivido,
l’immagine della Virgo-Mater e
cercheranno di imitarla nel proprio lavoro di formazione,
ma anche se si affideranno alla sua guida, ponendosi totalmente sotto la sua direzione.
 Ella può formare a propria immagine coloro che le appartengono.
L’anima della donna deve essere
silenziosa
per ascoltare l’annuncio;
ampia e aperta
per andare ad annunciare;
luminosa,
perché non vi siano angoli bui in cui non possa penetrare il messaggio;
deve essere riservata e vuota di sé
per lasciare ampio spazio a chi riceve il messaggio;
e deve essere disponibile a ogni appello del Signore,
come quando Gesù chiama: “Maria”.
Edith Stein, La Donna.

lunedì 26 maggio 2014

Salve, o Madre, Regina del mondo.


Fonte di ogni grazia
Giovanni Paolo II

Salve, o Madre, Regina del mondo.
Tu sei la Madre del bell'Amore,
Tu sei la Madre di Gesù,
fonte di ogni grazia,
il profumo di ogni virtù,
lo specchio di ogni purezza.
Tu sei gioia nel pianto,
vittoria nella battaglia,
speranza nella morte.
Quale dolce sapore il tuo nome
nella nostra bocca,
quale soave armonia
nelle nostre orecchie,
quale ebbrezza nel nostro cuore!
Tu sei la felicità dei sofferenti,
la corona dei martiri,
la bellezza delle vergini.
Ti supplichiamo,
guidaci dopo questo esilio
al possesso del tuo Figlio, Gesù.
Amen.

domenica 25 maggio 2014

per una legge interiore ben più esigente di qualsiasi legge esterna. Ama e poi va' dove ti porta il cuore


 (Letture: Atti 8,5-8.14-17; Sal­mo 65; 1 Pietro 3 ,15-18; Gio­vanni 14, 15-21).
Commento di Ermes Ronchi
Il nostro respiro, un soffio nel vento di Dio

Se mi amate osserverete i miei comandamenti.
Tutto comincia con una parola carica di delicatezza e di rispetto:
se mi amate...
“Se”:
un punto di partenza così umile, così libero, così fiducioso.
Non si tratta di una ingiunzione (dovete osservare) ma di una constatazione:
se amate, entrerete in un mondo nuovo.
Lo sappiamo per esperienza:
se ami si accende un sole, l
e azioni si caricano di forza e di calore, di intensità e di gioia.
Fiorisce la vita come un fiore spontaneo.
Osserverete i comandamenti “miei”, dice.
E miei non tanto perché prescritti da me, ma perché riassumono me e tutta la mia vita. Se mi amate, vivrete come me!
Se ami Cristo, lui ti abita i pensieri, le azioni, le parole e li cambia.
E tu cominci a prendere quel suo sapore di libertà, di pace, di perdono, di tavole imbandite e di piccoli abbracciati, di relazioni buone, la bellezza del suo vivere.
Cominci a vivere la sua vita buona, bella e beata.
Ama e fa quello che vuoi (sant'Agostino).
Se ami,
non potrai ferire, tradire, derubare, violare, deridere.
Se ami,
non potrai che soccorrere, accogliere, benedire.
E questo per una legge interiore ben più esigente di qualsiasi legge esterna.
Ama e poi va' dove ti porta il cuore.
In una specie di commovente, suadente monotonia Gesù per sette volte nel brano ripete: voi in me, io in voi, sarò con voi, verrò da voi.
Attraverso una parola di due sole lettere “in”
racconta il suo sogno di comunione.
Io nel Padre, voi in me, io in voi:
dentro, immersi, uniti, intimi.
Gesù che cerca spazi, spazi nel cuore.
Io sono tralcio unito alla madre vite,
goccia nella sorgente,
raggio nel sole,
scintilla nel grande braciere della vita,
respiro nel suo vento.
Non vi lascerò orfani.
Non lo siete ora e non lo sarete mai: mai orfani, mai abbandonati, mai separati.
La presenza di Cristo non è da conquistare, non è da raggiungere, non è lontana.
È già data, è dentro, è indissolubile, fontana che non verrà mai meno.
Molti intendono la fede come tensione verso un oggetto di desiderio mai raggiunto o come ricordo di un tempo dell'oro perduto.
Ma Gesù ribalta questo atteggiamento:
fonda la nostra fede su un pieno non su un vuoto;
sul presente, non sul passato;
sull'amore per un vivo e non sulla nostalgia.
Noi siamo già in Dio, come un bimbo nel grembo di sua madre.
E se non può vederla, ha però mille segni della sua presenza,
che lo avvolge, la scalda, lo nutre, lo culla.
E infine l'obiettivo di Gesù: Io vivo e voi vivrete: far vivere è la vocazione di Dio, la mania di Gesù, il suo lavoro è quello di essere nella vita datore di vita.
È molto bello sapere che la prova ultima della bontà della fede
sta nella sua capacità di trasmettere e custodire umanità, vita, pienezza di vita.
E poi, di farci sconfinare in Dio.

sabato 24 maggio 2014

Maria, donna libera, che segue per le vie della Palestina il figlio, viaggiatrice, teologa, scrutatrice.

Avete soffocato l'afflato rivoluzionario di Maria di Nazareth,
esaltandone il divino
e mettendo da parte la sua umanità.
Maria è donna, donna sola con un figlio,
vedova in un tempo in cui la vedovanza era un abominio.
Era un'ebrea in una terra oppressa dai Romani,
rifugiata in Egitto per sfuggire alla persecuzione.
Maria fu una profuga.
Madre affannata, che spese la vita a seguire un Figlio
che talvolta non capiva (Mc 3,21), un folle, suo figlio.
Maria, donna libera, che segue per le vie della Palestina il figlio, viaggiatrice, teologa, scrutatrice.
Maria donna dell'assemblea,
che presiede la celebrazione della Pentecoste secondo i costumi del suo popolo.
Statue e immaginette l'hanno legata,
rappresentata in posa statica tra nubi e lune,
lei che spese tutta la sua vita a camminare, il cui cuore non conobbe tregua.
Donna dai sandali consunti
per le passeggiate montane,
per far visita alla sua parente,
per annunciare.
Ed è per questo che con tutto il cuore la chiamo "Madre!".
Come la mia mamma era una lavoratrice instancabile e donna del popolo.
(Romero, Dalle omelie del mese di maggio)

venerdì 23 maggio 2014

per la clemenza della Beata Vergine sarà anche, per i poveri che hanno ricevuto la Sua misericordia, la più vittoriosa e la più grandiosa.


È lei che è stata predestinata da Dio 
in questi ultimi tempi a manifestare 
tutto il potere che Egli le ha conferito per la sua povertà, 
salvando gli ultimi uomini che vivranno fra le rovine del mondo in fiamme. 
Ma se l’ultima età del mondo, 
per la malvagità umana, 
sarà probabilmente la più terribile, 
per la clemenza della Beata Vergine sarà anche, 
per i poveri che hanno ricevuto la Sua misericordia, 
la più vittoriosa e la più grandiosa.
Thomas Merton

giovedì 22 maggio 2014

quella lode adeguata che solo sa darle la Chiesa quando osa applicarle le parole ispirate che Dio usa per la Sua stessa Sapienza. Così la ritroviamo presente in mezzo agli stessi Libri Sacri



E così, più rimaniamo nascosti 
nelle profondità dove si svela il suo segreto, 
più sentiremo il bisogno di lodare il suo nome nel mondo
e di glorificare, in lei, Dio che di lei ha fatto il suo splendido tabernacolo. 
Ma non fidiamoci del nostro proprio talento per trovare le parole con cui lodarla: 
perché se anche potessimo cantarla come Dante e san Bernardo l’hanno cantata, 
quel che potremmo dire di lei sarebbe ben poco a paragone di quella lode adeguata 
che solo sa darle la Chiesa 
quando osa applicarle le parole ispirate 
che Dio usa per la Sua stessa Sapienza. 
Così la ritroviamo presente in mezzo agli stessi Libri Sacri: 
e se non giungessimo a trovare anche lei, 
nascosta nel Sacro Testo, in tutte le Profezie 
che riguardano il Figlio suo, 
noi non conosceremmo a pieno la vita racchiusa nella Sacra Scrittura.
Thomas Merton

mercoledì 21 maggio 2014

prendiamo coscienza, contemplando la santità della Vergine Immacolata, delle grandi cose che Egli ha il potere di compiere nell’anima umana


Se la Madonna 
non vien riconosciuta 
come la Madre di Dio e la Regina; 
di tutti gli Angeli e dei Santi 
e come la speranza del mondo, 
la fede in Dio rimane incompleta. 
Come possiamo chiederGli 
tutto ciò che Egli vuole 
che speriamo da Lui 
se non prendiamo coscienza, 
contemplando la santità della Vergine Immacolata, 
delle grandi cose che 
Egli ha il potere di compiere nell’anima umana?
Thomas Merton

martedì 20 maggio 2014

essere pieni di Dio come ella è piena di Lui


Cercare questo vuoto 
è vera devozione alla Madre di Dio.
Trovarlo è trovarla.
Ed essere nascosto nelle sue profondità 
è essere pieni di Dio come ella è piena di Lui, 
è condividere la sua missione di portarlo a tutti gli uomini.
Eppure tutte le generazioni devono chiamarla beata 
perché tutte ricevono da lei in virtù della sua obbedienza 
tutta la misura di vita e di gioia che vien loro concessa. 
Ed è necessario che il mondo la esalti, c
he la poesia canti la grande opera compiuta in lei dal Signore, 
e che vengano innalzate cattedrali al suo nome.
Thomas Maerton

lunedì 19 maggio 2014

il segreto di ogni gioia perché sono colmi di Dio.


È una grazia meravigliosa, 
un grande privilegio, 
quando una persona che vive nel mondo in cui noi dobbiamo vivere
perde improvvisamente interesse per le cose che occupano questo mondo, 
e scopre nella sua anima una brama di povertà e di solitudine.
E il più prezioso di tutti i doni della natura o della grazia è il desiderio
di essere nascosti,
di svanire agli occhi degli uomini,
di essere considerati un nulla dal mondo,
di sparire dalla propria consapevole considerazione, e
di diventare un nulla in quell’immensa povertà che è l’adorazione di Dio.
Questo vuoto assoluto, 
questa povertà, 
questa oscurità posseggono 
il segreto di ogni gioia perché sono colmi di Dio.
Thomas Merton

domenica 18 maggio 2014

due atteggiamenti vitali a fondamento del nostro rapporto di fede: un «no» gridato alla paura e un «sì» consegnato alla fiducia.

Non sia turbato il vostro cuore, 
abbiate fiducia. 
L'invito del Maestro ad assumere questi due atteggiamenti vitali 
a fondamento del nostro rapporto di fede: 
un «no» gridato alla paura 
e un «sì» consegnato alla fiducia. 
Due atteggiamenti del cuore che sono alla base 
anche di qualsiasi rapporto fecondo, armonioso, esatto con ogni forma di vita. 
Ad ogni mattino,
 ad ogni risveglio, 
un angelo ripete a ciascuno le due parole: 
non avere paura, abbi fiducia. 
Noi tutti ci umanizziamo per relazioni di fiducia, 
a partire dai nostri genitori; 
diventiamo adulti perché costruiamo un mondo di rapporti umani edificati 
non sulla paura ma sulla fiducia. 
La fede religiosa (atto umanissimo, vitale, che tende alla vita) 
poggia sull'atto umano del credere, 
e se oggi è in crisi, ciò è accaduto 
perché è entrato in crisi l'atto umano dell'aver fiducia negli altri, nel mondo, nel futuro, nelle istituzioni, nell'amore. In un mondo di fiducia rinnovata, 
anche la fede in Dio troverà respiro nuovo. 
Io sono la via la verità e la vita. 
Tre parole immense. 
Che nessuna spiegazione può esaurire. 
Io sono la via: 
la strada per arrivare a casa, a Dio, al cuore, agli altri; 
una via davanti alla quale non si erge un muro o uno sbarramento, 
ma orizzonti aperti. 
Sono la strada che non si smarrisce, 
ma va' verso la storia più ambiziosa del mondo, 
il sogno più grandioso mai sognato, la conquista - per tutti - di amore e libertà, di bellezza e di comunione: con Dio, con il cosmo, con l'uomo. 
Io sono la verità: 
non in una dottrina, né in un libro, né in una legge migliori delle altre, 
ma in un «io» sta la verità, in Gesù, 
venuto a mostrarci il vero volto dell'uomo e il volto d'amore del Padre. 
La verità sono occhi e mani che ardono! (Ch. Bobin). 
Così è Gesù: accende occhi e mani. 
La sua è una vita che si muove libera, regale e amorevole tra le creature. 
Il cristianesimo non è un sistema di pensiero o di riti, ma una storia e una vita (F. Mauriac). 
Io sono la vita. 
Che hai a che fare con me, Gesù? 
La risposta è una pretesa perfino eccessiva, perfino sconcertante: 
io faccio vivere. 
Parole enormi, davanti alle quali provo vertigine. 
La mia vita si spiega con la vita di Dio. 
Nella mia esistenza più Dio equivale a più io. 
Più Vangelo entra nella mia vita più io sono vivo. 
Nel cuore, nella mente, nel corpo. 
E si oppone alla pulsione di morte, 
alla distruttività che nutriamo dentro di noi con le nostre paure, 
madre della sterilità. 
Infine interviene Filippo «Mostraci il Padre, e ci basta». 
È bello che gli Apostoli chiedano, che vogliano capire, come noi. 
Filippo, chi ha visto me ha visto il Padre. 
Guardi Gesù, 
guardi come vive, 
come ama, 
come accoglie, 
come muore 
e capisci Dio, e si dilata la vita.Ermes Ronchi

sabato 17 maggio 2014

Ella può comunicare più pienamente a noi tutti la grazia di un Dio che è liberalità infinita.


Ella è, di tutti i santi, 
la più perfettamente povera, 
la più perfettamente nascosta, 
la sola che non ha assolutamente nulla 
che ella osi possedere come suo, 
e per questo Ella può comunicare più pienamente a noi tutti 
la grazia di un Dio 
che è liberalità infinita. 
E noi Lo possederemo più vivacemente 
quando ci saremo svuotati, 
quando saremo poveri e nascosti com’Ella è, 
assomigliando a Lui con l’assomigliare a Lei.
E tutta la nostra santità dipende dal suo amore materno.
Coloro con i quali ella desidera dividere la gioia 
della sua povertà e della sua semplicità, 
coloro che ella vuole siano nascosti come lei è nascosta, 
sono quelli che condivideranno la sua intimità con Dio
Thoma Merton

venerdì 16 maggio 2014

lo crediamo perché anche noi un giorno, per grazia di Dio, abiteremo dove lei ora si trova.


L’Assunzione di Maria in cielo non è la glorificazione di una «Dea Madre».
Al contrario, 
è l’espressione dell’amore di Dio per l’umanità; 
è manifestazione particolarissima del rispetto 
che Dio ha per le Sue creature, 
del Suo desiderio di onorare gli esseri che Egli ha fatto a Sua immagine, 
e soprattutto è rispetto per quel corpo che fu destinato ad essere Suo tempio glorioso. 
Se crediamo che Maria è stata assunta in cielo, 
lo crediamo perché anche noi un giorno, per grazia di Dio, 
abiteremo dove lei ora si trova. 
Se la natura umana è stata glorificata in lei, 
è perché Dio desidera che essa sia glorificata anche in noi
proprio per questo Suo Figlio, assumendo la nostra carne, venne al mondo.
Quindi, in tutto il grande mistero di Maria, una cosa rimane ben chiara
che per se stessa non è nulla, 
e che Dio per amor nostro ha trovato 
Sua delizia nel manifestare la Sua gloria e il Suo amore in lei.
Thomas Merton

giovedì 15 maggio 2014

facendosi bambino, abbandonandosi in totale dipendenza alle cure amorevoli di una Madre umana, in un certo senso attira nuovamente verso di lei la nostra attenzione


In tal caso qualcuno dirà che 
potremmo dimenticarci del tutto della finestra
Questo è vero. 
Eppure, il Figlio di Dio nello svuotarsi della Sua maestosa potenza, 
facendosi bambino, 
abbandonandosi in totale dipendenza 
alle cure amorevoli di una Madre umana, 
in un certo senso attira nuovamente verso di lei la nostra attenzione.
La Luce ha voluto ricordarci la finestra, 
perché è grata a lei e 
perché ha per lei un amore infinitamente tenero e personale. 
Se Lui ci chiede di condividere questo Suo amore, 
è certamente una grande grazia ed un grande privilegio
ed uno degli aspetti più rilevanti di questo privilegio 
è che esso ci permette, 
in una certa misura, 
di apprezzare il mistero del grande amore e del rispetto 
che Dio ha per le Sue creature.
Thomas Merton

mercoledì 14 maggio 2014

pura come il vetro di una finestra tersissima


Maria, che
era priva di ogni egoismo,
libera da qualsiasi peccato,
era pura come il vetro di una finestra tersissima,
che non ha altra funzione 
che far penetrare la luce del sole.
Se ci rallegriamo per quella luce, 
implicitamente lodiamo la tersezza della finestra
Thomas Merton 

martedì 13 maggio 2014

colei che fu più vicina a Dio in questo grande mistero è pure colei che partecipò più perfettamente al dono.


Il vero significato della pietà mariana cattolica deve essere visto alla luce della stessa Incarnazione
La Chiesa non può separare il Figlio dalla Madre. 
Poiché la Chiesa concepisce l’Incarnazione 
come la discesa di Dio nella carne e nel tempo e 
come il grande dono di Se stesso alle Sue creature, 
essa crede pure che 
colei che fu più vicina a Dio in questo grande mistero 
è pure colei che partecipò più perfettamente al dono. 
Quando una stanza è riscaldata da un focolare, 
non sorprende che coloro che si trovano più vicini al caminetto siano i più riscaldati. 
E quando Dio viene nel mondo usando uno dei suoi servi, 
non sorprende che lo strumento prescelto partecipi i
n maniera più intima e più grande al dono divino.
Thomas Merton

lunedì 12 maggio 2014

essendo «immacolata», era libera da qualsiasi ombra di egoismo,


Dio poté compiere perfettamente in lei la Sua volontà; 
la libertà di Dio 
non fu ostacolata in nessun modo 
né sviata dal suo scopo 
dalla presenza di un «io» egoistico in Maria. 
Ella era ed è persona nel senso più profondo, 
precisamente perché, essendo «immacolata», 
era libera da qualsiasi ombra di egoismo, 
che potesse offuscare la luce di Dio nel suo essere. 
Essa era quindi una libertà che Lo ubbidiva perfettamente 
e, nell’ubbidirlo, trovava l’adempimento di un amore perfetto.
Thomas Merton

domenica 11 maggio 2014

uno che precede e seduce con il suo andare, che affascina con il suo esempio: pastore di futuro

Il buon pastore chiama le sue pecore, 
ciascuna per nome. 
Io sono un chiamato, 
con il mio nome unico pronunciato da lui come nessun altro sa fare, 
con il mio nome al sicuro nella sua bocca, 
tutta la mia persona al sicuro con lui. 
E le conduce fuori. 
Il nostro non è un Dio dei recinti chiusi ma degli spazi aperti, di liberi pascoli 
E cammina davanti ad esse. 
Non un pastore di retroguardie, 
ma una guida che apre cammini e inventa strade, 
è davanti e non alle spalle. 
Non pastore che rimprovera e ammonisce per farsi seguire, 
ma uno che precede e seduce con il suo andare, 
che affascina con il suo esempio: 
pastore di futuro. 
E troveranno pascolo: 
Gesù promette a chi va con lui 
un di più di vita, un centuplo di fratelli e case e campi. 
Promette di far fiorire la vita. 
Io sono la porta. 
Cristo è soglia spalancata che immette nella terra dell'amore leale, 
più forte della morte (chi entra attraverso di me si troverà in salvo); 
più forte di tutte le prigioni (potrà entrare e uscire). 
Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza. 
Per me, una delle frasi più solari del Vangelo; 
è la frase della mia fede, 
quella che mi rigenera ogni volta che l'ascolto: 
sono venuto perché abbiate la vita piena, abbondante, gioiosa. 
Non solo la vita necessaria, 
non solo quel minimo senza il quale la vita non è vita, 
ma la vita esuberante, magnifica, eccessiva; 
vita che rompe gli argini e tracima e feconda, 
uno scialo di vita, che profuma di amore, di libertà e di coraggio. 
Così è Dio: 
manna non per un giorno 
ma per quarant'anni nel deserto, 
pane per cinquemila persone, 
pelle di primavera per dieci lebbrosi, 
pietra rotolata via per Lazzaro, 
cento fratelli per chi ha lasciato la casa, 
perdono per settanta volte sette, 
vaso di nardo per 300 denari. 
In una sola piccola parola è sintetizzato 
ciò che oppone Gesù a tutti gli altri, 
ciò che rende incompatibili il pastore e il ladro. 
La parola immensa e breve è «vita». 
Parola che pulsa sotto tutte le parole sacre, 
cuore del Vangelo, 
parola indimenticabile. 
Cristo non è venuto a pretendere 
ma ad offrire, non chiede niente, dona tutto. 
Vocazione di Gesù, e di ogni uomo, 
è di essere nella vita datore di vita. 
«Gesù non è venuto a portare una teoria religiosa, un sistema di pensiero. 
Ci ha comunicato vita ed ha creato in noi l'anelito verso più grande vita» 
(G. Vannucci). 
Allora urge cambiare il riferimento di fondo della nostra fede: 
non è il peccato dell'uomo il movente della storia di Dio con noi, ma l'offerta di più vita. 
L'asse attorno al quale ruota, danza il Vangelo è la pienezza di vita, 
da parte di un Dio che un verso bellissimo di Centore canta così: 
«Tu sei per me ciò ch'è la primavera per i fiori!».
Ermes Ronchi

sabato 10 maggio 2014

non ha nulla all’infuori di ciò che ha ricevuto da Lui per mezzo di Cristo


Quello che fu operato in Lei fu esclusivamente opera di Dio
«Grandi cose mi ha fatto Colui che è potente». 
La gloria di Maria è puramente e semplicemente la gloria di Dio in lei; 
e lei, come chiunque altro, può dire 
che non ha nulla all’infuori di ciò che ha ricevuto da Lui per mezzo di Cristo.
Infatti, questa è precisamente la sua maggior gloria:
non aver nulla di suo,
non trattenere nulla di un «io» capace di gloriarsi di qualcosa di se stesso.
Essa non mise mai nessun ostacolo alla misericordia di Dio,
non resistette in nessun modo al Suo amore né alla Sua volontà;
perciò ha ricevuto da Lui più di qualsiasi altro santo. 
Thomas Merton

venerdì 9 maggio 2014

risiede nel suo niente, nell’essere l’Ancella del Signore, nell’aver accettato di diventare la Madre di Dio in amorevole sottomissione al Suo comando, in pura obbedienza di fede.


Si dimentica che
la maggior gloria di Maria risiede nel suo niente,
nell’essere l’Ancella del Signore,
nell’aver accettato di diventare la Madre di Dio
 in amorevole sottomissione al Suo comando, in pura obbedienza di fede.
Essa è beata, 
non a causa di una mitica prerogativa pseudodivina
ma in tutte le sue limitazioni umane e femminili 
come una che ha creduto
È la fede e la fedeltà di questa umile ancella «piena di grazia» 
che le permette di essere perfetto strumento di Dio 
e null’altro all’infuori di Suo strumento
Thomas Merton

giovedì 8 maggio 2014

completamente contrario a ciò che insegna la Chiesa Cattolica


Questo lo dimenticano spesso gli stessi cattolici; quindi non sorprende che i non-cattolici abbiano sovente un concetto del tutto errato della pietà cattolica per la Madre di Dio.
Questi si immaginano, e alle volte è facile capire perché,
che i cattolici trattano la Beata Vergine quasi come un essere divino per natura, quasi avesse una sua gloria, una sua potenza, una sua maestà che la ponessero allo stesso livello di Cristo. Considerano l’Assunzione di Maria come una deificazione e la sua Regalità come una vera e propria divinizzazione. E perciò il suo posto nel quadro della Redenzione sembrerebbe uguale a quello del Figlio.
Ma questo è completamente contrario a ciò che insegna la Chiesa Cattolica
Thomas Merton

mercoledì 7 maggio 2014

ella ha un trono al disopra di tutti gli angeli. Ma ciò non dovrebbe far dimenticare a nessuno che il suo più alto privilegio è la sua povertà...


E' necessario, senza dubbio, parlare dei suoi privilegi 
come se fossero qualcosa da poter rendere comprensibile col linguaggio umano 
e da potersi valutare con qualche misura umana. 
Parlerete forse di lei come di una Regina, e agirete come se sapeste che cosa significa affermare ch’ella ha un trono al disopra di tutti gli angeli
Ma ciò non dovrebbe far dimenticare a nessuno 
che il suo più alto privilegio è la sua povertà
che la sua più grande gloria è quella di essere nascosta, 
e che la sorgente di tutto il suo potere sta nel fatto 
che ella non è nulla alla presenza di Cristo, di Dio.

Thomas Merton

martedì 6 maggio 2014

Ella, fra tutte le creature, ha perfettamente riacquistato quella somiglianza con Dio che Dio voleva trovare, in vari gradi, in tutti noi.


Ella ha la santità di loro tutti, 
eppure 
non assomiglia a nessuno di loro. 
E tuttavia possiamo parlare di somiglianza con Lei. 
Questa somiglianza con lei 
non è solo qualcosa da desiderare, 
è la sola cosa degna del nostro desiderio: 
ma la ragione di ciò è che 
Ella, fra tutte le creature, ha perfettamente riacquistato 
quella somiglianza con Dio 
che Dio voleva trovare, in vari gradi, in tutti noi.

Thomas Merton

lunedì 5 maggio 2014

Se mai riusciamo a svuotarci del rumore del mondo e delle nostre passioni, ciò avviene perché Ella ci è venuta vicino e ci ha fatti partecipare alla sua santità e al suo nascondimento.


Senza di lei 
la conoscenza di Cristo 
è pura speculazione
in lei diventa esperienza, 
perché ogni umiltà e ogni povertà, 
senza le quali Cristo non può essere conosciuto, 
le appartengono. 
La sua santità è il silenzio 
in cui solo Cristo può essere udito, 
e nella contemplazione di lei 
la voce di Dio diventa per noi 
un’esperienza.
Il vuoto, 
la solitudine interiore e 
la pace
senza le quali non possiamo essere pieni di Dio, 
furono da Lui donati a Maria, 
affinché Essa potesse accoglierlo nel mondo, 
offrendoGli l’ospitalità di un essere perfettamente puro, 
immerso in un profondo silenzio, 
assolutamente tranquillo e in pace, 
raccolto in completa umiltà.
Se mai riusciamo a svuotarci del rumore 
del mondo e delle nostre passioni, 
ciò avviene perché 
Ella ci è venuta vicino e 
ci ha fatti partecipare alla sua santità e al suo nascondimento.
Maria sola, 
fra tutti i santi, 
è, in ogni cosa, 
incomparabile.
Thomas Merton